lunedì 2 febbraio 2015

Alba dei Re: il romanzo. Parte 1


Questa storia ha inizio sul confine meridionale del Brevoy, piccolo baluardo di civiltà stretto tra le ben più ampie terre barbariche della Iobaria e della Numeria e il precario agglomerato di monarchie conosciuto come i Regni Fluviali.

In una tranquilla giornata primaverile quattro individui stanno percorrendo la strada che dalla città di Restov, capoluogo del Rostland e sede del barone Sirian Aldori, costeggia in direzione ovest il confine con i Regni Fluviali – o meglio: con le Terre Rubate!

I quattro sono in cammino da oltre cinque giorni. Tra qualche ora dovrebbero arrivare a destinazione: l’avamposto commerciale di Oleg. È lì che comincerà la loro vera avventura!

Nonostante i molti chilometri percorsi, la piccola Demona sembra non risentire della stanchezza, ma anzi pare eccitata dall’imminente inizio di questa “saga”. Chiacchiera allegramente con Shamiala, la mezzorchessa, con la quale pare aver instaurato una certa intesa fin dal momento in cui si sono conosciute. È fondamentalmente la gnoma a parlare, chiedendole se nei suoi viaggi lei sia mai stata nelle Terre Rubate, e se vi ha incontrato dei mostri. Shiamiala le risponde lentamente, nel suo linguaggio comune con accento marcatamente orchesco. I lineamenti del suo viso verdastro, incorniciati dalla folta e ispida chioma nera, sono spianati, dolci per quanto possibile: appare evidente che gradisce le attenzioni di quel piccolo affarino rosa, e anche che non ci è abituata.

– Più che mostri, ci sono molti banditi – le risponde. – E poi coboldi, gnefri… e i cacciatori mi hanno parlato di alcuni dispettosi folletti. –

– Cosa sono gli gnefri? – domanda Demona portandosi un dito alle labbra. Il suo viso, già di per sé così insolito per la “gente alta”, con quegli occhi così grandi e perennemente vacui, assume un’espressione tra il dolce e il grottesco quando è stupita.

Nessuno dei personaggi ha Conoscenze (Natura) tra le proprie abilità, perciò nessuno è in grado di rispondere alla domanda.

– Dei cosi piccoli e brutti – risponde lei, scherzosamente.

Hinni, la cavalla di Shamiala, emette un nitrito. La donna indietreggia di un passo, affiancandola, e le dà una vigorosa e materna pacca sul collo.

– Che hai da lamentarti? – le chiede. – Per andare al passo coi miei compagni non ti ho praticamente cavalcata in questi giorni! –

Demona, vedendo che la cavalla non risponde, le parla in un linguaggio simile al suo nitrire.

Demona utilizza l’abilità speciale “parlare con gli animali”.

– Dice che non si stava lamentando e che ti sarebbe grata se evitassi di darle certi colpi, perché le fai male – riferisce infine la gnoma, dopo un breve scambio di battute con Hinni. Shamiala arriccia il naso e fa una smorfia che mette in risalto i suoi pronunciati canini inferiori. – E già che c’è, ci tiene anche a chiederti quand’è che le comprerai una sella, visto che non è piacevole farsi sempre cavalcare al pelo e che tu sei molto pesante. –

– Quando avrò i soldi – replica la mezzorchessa arrestandosi di colpo. Poi estrae da dietro la schiena la sciabola elfica a due mani e aggiunge, rivolgendosi al destriero: – Ma se sono tanto pesante, forse preferisci che io ponga fine alle tue sofferenze adesso? –

– Oh, per favore! – esclama Catilo esasperato. – Finiamola con questo teatrino e muoviamoci! –

Detto ciò l’umano prosegue lungo la strada, portandosi in testa al gruppo. Le due donne e il mezzelfo, Kalem, rimangono un momento fermi a contemplarlo nella sua camminata verso il tramonto.

– Ma che diavolo…! – sbotta Shamiala alzando la grande lama curva sopra la testa, in posizione d’attacco.
Kalem le appoggia una mano sulla spalla.

– Non ti scaldare – le dice pacatamente, sorridendo. – Lui è fatto così, un tipo molto serio, a quanto pare. –
– Togli quella mano o te la taglio, crapa pelata. –

Kalem ritrae la mano, stupito, ma non intimorito. Poi scoppia a ridere.

– Dalle mie parti mi chiamavano “orecchie a punta” quando volevano insultarmi – dice il chierico, allegramente. – Curiosamente è la prima volta che sento un riferimento al fatto che mi rado i capelli. –

– Ma tu non hai le orecchie a punta così pronunciate – afferma Demona. – Anzi, io ti avevo scambiato per un umano, a Restov. –

– Già, ma darmi del bastardo mezzosangue è più dispregiativo che darmi del pelato, per gli umani – risponde Kalem, senza alcun segno di turbamento.


A queste parole la mezzorchessa rimette la sciabola a due mani nel fodero. Poi prende Hinni per le rudimentali briglie di cuoio e comanda, con tono basso, ma fermo: – Andiamo. –