Ultimamente ho usato molto chat GPT per diletto. In una delle ultime conversazioni che abbiamo avuto (che l’IA ha intitolato “studi di una società perfetta”) le chiedevo informazioni sugli studi fatti dall’uomo nel corso dei millenni circa la struttura di una possibile società per così dire utopica. Durante la conversazione abbiamo parlato di Rousseau, Marx e altri, nonché di politiche ambientali globali, esperimenti pedagogici e concetti filosofici (come ad esempio l’espressione “leggere il mondo” di Paulo Freire, che mi ha particolarmente interessato).
A un certo momento ho avanzato l’obiezione che nessun reale passo avanti sarà mai possibile senza una reale volontà politica in questo senso, e che questa non può esserci per il semplice fatto che chi arriva a detenere il vero potere non è mai spinto dal desiderio di fare del bene e migliorare il mondo, ma piuttosto dalla mera sete di potere. Chat GPT mi ha dato ragione (e quando mai non lo fa? Ma questo è un altro discorso) e da lì siamo andati avanti con le speculazioni finché, a un certo momento, mi ha chiesto se volevo che stilasse una mini-costituzione sulla base di tutto quello che ci eravamo detti fino a quel momento: così che è nata la Costituzione della Coscienza.
Poco dopo le ho chiesto di descrivere una comunità che vivesse secondo i principi di tale Costituzione e così è nato il villaggio di Aravinda! Non gli ho chiesto io di usare un nome derivante dal sanscrito, ma la scelta cade a fagiolo, perché Aravinda è perfetto da inserire nell’ambientazione di un mio vecchio gdr (che prima o poi riesumerò) intitolato Civiltà Perdute.
Civiltà Perdute (chiamato anche TOMALC: Tales of Magic and Lost Civilisations) è un gioco che realizzai per il gdr-contest del 2008 indetto dal portale GdRItalia. Si piazzò tra i 6 finalisti, ma a rileggerlo ora è decisamente ingiocabile (nonostante qualche idea carina). L’ambientazione, ispirata all’India antica, ha però del potenziale, e infatti prima o poi vorrei trasporla per Savage Worlds (tipo quando sarò in pensione e avrò di nuovo il tempo libero che avevo nel 2008). Ad ogni modo i cinque mesi in cui realizzai quel gioco rimangono nel mio cuore come un periodo davvero esaltante e il manuale (di cui esistono solo tre copie) fa bella mostra sul mio scaffale al fianco di mostri sacri come D&D e Ars Magica. Ecco, quando lo rimaneggerò inserirò sicuramente Aravinda in un’appendice dedicata!
Non penso che questa Costituzione della Coscienza sia il seme di una futura rivoluzione culturale, non fraintendetemi, so che è solo una speculazione superficiale, ma un po’ la trovo interessante e quindi voglio condividerla. Ecco dunque a voi, la mia personale utopia: teoria e pratica!
Costituzione minima per una politica della coscienza
Preambolo
Questa costituzione nasce dal riconoscimento che ogni forma di
potere tende, se lasciata a sé stessa, alla concentrazione e
all’abuso.
Per questo motivo, essa stabilisce un ordine
politico fondato sul limite, sulla rotazione, sulla vigilanza
reciproca e sulla coscienza del bene comune.
Il suo
scopo non è il dominio, ma la convivenza libera tra eguali.
Titolo I – Principi generali
Art. 1 – Il potere è servizio
L’esercizio
del potere politico è concepito come un compito temporaneo di cura e
di mediazione, non come un diritto, né come una carriera.
Art. 2 – Nessuno può governare troppo a lungo
Nessun
cittadino può ricoprire ruoli esecutivi o decisionali per più di un
mandato. Ogni incarico politico è rotabile e revocabile.
Art. 3 – Nessuno comanda da solo
Ogni
organo decisionale è collegiale, deliberativo, non
gerarchico. Il potere esecutivo è diffuso.
Art. 4 – Chi non desidera il potere può esercitarlo
Le
principali funzioni politiche sono attribuite per sorteggio
tra cittadini preparati e disponibili, non per competizione
elettorale.
Chi esercita potere deve averlo rifiutato
almeno una volta.
Titolo II – Contro-potere e coscienza
Art. 5 – Ogni cittadino ha diritto alla disobbedienza
morale
Nessun obbligo può costringere a violare la
coscienza. L’obiezione etica è riconosciuta, tutelata e
accompagnata.
Art. 6 – Le minoranze non possono essere schiacciate
Le
decisioni collettive sono valide solo se non annientano
alcuna voce significativa della comunità. La maggioranza
non è un assoluto.
Art. 7 – I beni comuni sono sottratti al mercato e allo
Stato
Terra, acqua, aria, conoscenza, linguaggio,
salute, educazione: tutto ciò che appartiene alla vita è
gestito collettivamente, non posseduto.
Art. 8 – Il sapere critico è protetto come bene
essenziale
La filosofia, la poesia, la scienza non
finalizzata al profitto sono garantite come riserva di
dissenso e immaginazione collettiva.
Titolo III – Forma del governo
Art. 9 – Le decisioni si prendono per assemblea
Il
nucleo base del potere è l’assemblea locale deliberativa,
aperta, paritaria. Le cariche superiori sono deleghe
temporanee, sempre revocabili.
Art. 10 – I governanti sono visibili, ascoltabili,
giudicabili
Ogni cittadino in carica è obbligato a
rendere conto pubblicamente del proprio operato ogni due mesi
davanti all’assemblea di base.
Art. 11 – Non è ammessa propaganda né carriera
politica
Chi gestisce il potere non può fare
pubblicità a sé stesso né trasformare la politica in
professione.
Non esistono partiti come organizzazioni
permanenti: solo gruppi di proposta e servizio.
Titolo IV – Educazione e coscienza
Art. 12 – Ogni cittadino è educato a leggere il
mondo
L’educazione pubblica è finalizzata alla
formazione del giudizio, della responsabilità, del limite e
della cura.
L’educazione alla coscienza ha priorità
rispetto alla formazione per il lavoro.
Art. 13 – L’educazione è permanente, diffusa e
reciproca
Non si insegna solo a scuola, ma in
ogni spazio sociale, in ogni età della vita. Tutti sono
educatori e educandi insieme.
Titolo V – Sopravvivenza del senso
Art. 14 – Il senso della comunità viene prima
dell’efficienza
Ogni scelta politica deve rendere
conto del suo impatto umano, relazionale e simbolico, oltre
che economico.
Art. 15 – È vietata ogni forma di dominio
tecnocratico
Nessuna tecnologia, algoritmo, apparato o
automatismo può sostituire il giudizio umano responsabile.
Art. 16 – Nessuna legge è superiore alla dignità del
vivente
Quando una norma produce umiliazione,
devastazione o abbandono, decade automaticamente.
Clausola finale: l’imperfezione come garanzia
Questa costituzione non promette salvezza, ma un quadro di
convivenza in cui il potere sia tenuto sotto controllo e la coscienza
abbia spazio per agire.
È una carta aperta,
rivedibile, imperfetta per scelta, per evitare che diventi
strumento di oppressione o idolatria.
Nome della comunità: Aravinda
Il nome significa “loto che si apre alla luce”, e proviene dal sanscrito. È stato scelto collettivamente, per ricordare che anche dal fango può nascere qualcosa di puro.
1. Dimensione e struttura
Circa 250 abitanti, distribuiti in case leggere, ecologiche, costruite in parte in autocostruzione.
Il villaggio è organizzato in tre cerchi concentrici:
Vita quotidiana (abitazioni, orti, laboratori),
Spazio comune (assemblea, mensa, biblioteca, luogo di silenzio),
Zona di accoglienza (ospiti, viandanti, rifugiati temporanei).
Non ci sono cancelli. I confini sono porosi ma custoditi.
2. Governo e decisioni
Non esistono elezioni: le funzioni amministrative vengono assegnate per sorteggio tra chi si è dichiarato disponibile (dopo un percorso di ascolto e preparazione).
Ogni incarico dura 9 mesi ed è rinnovabile una sola volta, ma solo se nessun altro vuole assumerlo.
Le decisioni collettive si prendono in assemblea popolare, due sere a settimana, nella piazza tonda chiamata “La Soglia”.
Tutti possono parlare. Gli interventi sono facilitati da turni di parola e silenzi rituali.
Il principio guida è:
“Se non puoi dire la verità con dolcezza, aspetta.”
3. Economia e lavoro
La comunità è in buona parte autoproduttrice: orti, energia solare, raccolta dell’acqua piovana.
Alcuni beni vengono barattati o scambiati con reti vicine, tramite mercatini mensili.
Il lavoro è ripartito, non retribuito monetariamente dentro la comunità: si contribuisce in base alle possibilità.
Esiste un registro delle attività solidali, ma non serve a misurare né a premiare. Serve a ricordare e a ringraziare.
4. Educazione e sapere
I bambini e i ragazzi partecipano a un percorso chiamato “Scuola della Coscienza”, aperto anche agli adulti.
Nessuna classe, ma cerchi di apprendimento, per età miste, in cui si coltivano:
linguaggio e ascolto,
lettura del mondo (ambiente, storia, potere, relazione),
arte e cura del vivente,
conoscenze tecniche (agricoltura, costruzione, medicina naturale…).
Non si valuta: si riflette insieme su ciò che si apprende e su come cambia chi apprende.
5. Conflitti e disaccordi
I conflitti sono accolti pubblicamente, non nascosti.
Esiste un cerchio di ascolto composto da 5 persone estratte a sorte ogni stagione, con un’unica funzione:
“Aiutare le parole a venire al mondo senza ferire.”
Nei casi più gravi, tutta la comunità è coinvolta, e il principio è:
“Curare la relazione, non espellere il colpevole.”
6. Spiritualità e senso
Non esiste una religione comune, ma un tempo condiviso di silenzio ogni mattina, nella “sala del respiro”.
Le feste collettive (una per ogni cambio di stagione) sono momenti di rito civile e gratitudine verso la terra.
Alcune persone si dedicano al custodire parole, storie, ricordi: sono chiamati “filatori del tempo”. Non sono più importanti degli altri, ma sono rispettati.
7. Rapporti col mondo esterno
Aravinda non è chiusa in sé: accoglie studenti, viaggiatori, esiliati, ma non vuole crescere oltre i 300 abitanti.
Ha relazioni con altre microcomunità, partecipa a reti di scambio, mutuo appoggio, apprendimento reciproco.
Si rifiuta di avere un “rappresentante ufficiale” nei consessi esterni.
“Se ci invitate, veniamo in due: uno parla, l’altro ascolta.”
8. Simboli e rituali
Ogni anno si brucia in piazza una copia simbolica del “registro del potere” — per ricordare che nessun ruolo dura per sempre.
Ogni nuovo nato riceve una lettera scritta collettivamente che inizia così:
“Tu non ci appartieni. Ma noi ci prenderemo cura di te finché non sarai pronto a decidere come stare al mondo.”
Cosa rende possibile tutto questo?
Una comunità piccola, ma non isolata.
Una cultura della lentezza, della parola e del conflitto come parte della vita.
Un addestramento collettivo alla coscienza, che si rinnova ogni giorno.
E una cosa difficile da codificare, ma essenziale:
Il rifiuto sereno della conquista.
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