Ho trascorso gli ultimi tre anni a giocare col d20 system, in
qualità di Game Master, dopo oltre un decennio che non toccavo un manuale di gioco.
È stato un vero e proprio ritorno di fiamma! Ho cercato di realizzare tutti i
miei sogni di ragazzo: far vivere grandi avventure ai personaggi, dar loro
massima libertà, eccetera eccetera. Bhe, il risultato è stato un po’ deludente
(e infatti quest’anno non abbiamo ancora ripreso a giocare a D&D).
Contemporaneamente, grazie soprattutto al forum Gente Che Gioca, mi sono avvicinato ai gdr New Wave (che gli utenti di quel forum aborriscono chiamare così, ma che secondo
me è molto pratico. Che poi sia un termine inesatto, privo di significato e
chi più ne ha più ne metta, posso essere anche d’accordo. Ma è pratico). In tal
modo ho accresciuto moltissimo la mia conoscenza dei giochi di ruolo e ora credo
di poter tirare qualche conclusione.
Un gdr è una conversazione, tra master e giocatori. Il
compito del master è rispondere cose interessanti alle affermazioni dei
giocatori. Come riuscirci dipende dal gioco nello specifico. Perché andando “a
braccia” è facile che ne esca una partita deludente, per tutti.
Prendiamo Non Cedere Al Sonno, ad esempio, di cui ho già
masterizzato tre sessioni quest’anno (con un gruppo diverso dal mio abituale).
Nell’articolo precedente avevo tirato giù alcune linee guida da seguire che mi si
sono rivelate utili, ma che, a posteriori, comprendo non essere completamente
corrette (appena avrò tempo editerò l’articolo per incorporare i frutti della
mia esperienza pratica). In effetti la storia delle “mosse” l’avevo presa da Il
Mondo Dell’Apocalisse; ho appurato, però, che mal si adatta a NCAS. Meglio
invece utilizzare la tecnica dei “Bang”. Ma di questo parlerò nella riedizione
dell’altro articolo, adesso voglio parlare di D&D.
Come ho appurato a mie spese, il sogno di “far vivere grandi
avventure ai personaggi, concedendo loro la massima libertà” è un’utopia. No,
rimanendo aderenti alla realtà, ci sono due o tre modi (che possono rivelarsi
soddisfacenti) per giocare a D&D.
Il Manuale del Dungeon Master, edizione 3.0 (pagg. 97-98),
fa una divisione tra avventure localizzate e avventure ad eventi.
Per preparare un’avventura localizzata il master deve
disegnare un dungeon, o la mappa di un’area ristretta, in cui si muoveranno i
personaggi. Dopodiché assegna loro una missione (che questi devono accettare) e il gioco è fatto. Si può complicare questa struttura in mille modi, ad
esempio inserendo più di un dungeon all’interno di una grande mappa della
regione, o delle sotto-quest, e rendere il tutto più appetitoso con zone
nascoste, aree ed eventi “sbloccabili”, scelte difficili che portano a
conclusioni differenti, cacce al tesoro, ma il succo della faccenda rimane lo
stesso.
Sfogliando in rete ottimi blog della “vecchia scuola”, come Terre Tormentate, Caponata Meccanica e Le Cronache del Gatto sul Fuoco, viene spesso citata la modalità “sandbox”.
La sandbox, ovvero un'aiuola di sabbia piena di giocattoli. |
In pratica la sandbox è un’area
(grande e dettagliata) del tipo di cui sopra, ma dove i personaggi non sono
vincolati a una missione in particolare, per cui possono esprimersi più
liberamente e magari fare anche cose diverse dal “cercare avventure”. Senza etichettarla
così, è la struttura che ho cercato di realizzare per le mie avventure fin
dall’inizio, con pessimi risultati.
Tanto per cominciare realizzare una sandbox col d20 system è
un lavoro inumano, a livello di tempo. Il blogger di Terre Tormentate ci riesce
perché lo fa con un retroclone, forse. L’alternativa sarebbe abbozzarla e poi
improvvisare gli incontri al volo, ma non riesce mai bene (per trovarsi a
risolvere un incontro a spanne, allora tanto vale utilizzare un motore di gioco
meno dettagliato). Oppure sapere a memoria tutti i manuali, non lo so.
Certo, una sandbox ben fatta, ammesso che sia possibile,
permetterebbe di mettere in pratica con soddisfazione un sacco di house rules interessanti relative alla
vita “non da avventuriero”, come quella sui bagordi in taverna, sulle ricerche degli incantesimi, sulla reputazione, e di sviluppare tutta una parte di
storia “comune” su cui normalmente si soprassiede a D&D, ma c’è un
problema.
Il problema è che il regolamento di D&D non ti supporta
in tutto questo. Già bisognerebbe aggiungere ulteriori house rules per gestire le ricompense e magari utilizzare l’E6
per dare una parvenza di verosimiglianza al mondo immaginario, ma poi
risulterebbe comunque un’esperienza insoddisfacente, al di fuori delle
avventure. Non avrà mai il sapore di un MUD in cui puoi goderti anche la vita da raccoglitore
e artigiano: mancano sia le premesse tecniche (il Game Master non è un
computer) sia l’atmosfera di contorno. Sulla base delle mie esperienze coi New
Wave affermo che per giocare un’esperienza di questo tipo (insomma, diversa
dall’adventure path) serve un
regolamento completamente diverso e focalizzato allo scopo.
Il mio personaggio storico, a The Gate MUD, era un elfo fabbro. |
L’altro tipo di struttura per avventure individuata nel
Manuale del Dungeon Master è quella a eventi, cioè quella “con una storia da
seguire” (spesso citata come rail-blazing o, più dispregiativamente,
rail-roading). Tale struttura viene suddivisa, sempre nel manuale, in due
sottotipi: diagramma di flusso e linea temporale.
Il diagramma di flusso
è come un librogame: ai personaggi vengono presentate delle scelte, sul loro
cammino, con cui possono influenzare il corso di una storia comunque già
scritta. È facile che i giocatori prendano una strada inaspettata, di tanto in
tanto, e in quei frangenti il master deve improvvisare per riportare la storia
sui binari. Oppure riscriverla, o abbandonarla del tutto.
Qualcuno mi ha detto che basta improvvisare tutto e il
problema non si pone più. Bhe, peccato che il risultato faccia schifo, il più
delle volte (nessuno di noi è Tolkien). Nei New Wave si improvvisa la storia,
ma non a caso, bensì seguendo delle regole narrative che ti supportano; tali
regole sono perlopiù inapplicabili a D&D (per svariati motivi che si
comprendono solo giocando). E poi rimane il problema che mappe e incontri te li
devi preparare lo stesso.
Con la linea temporale
il master si prepara solo una serie di scene principali (in successione
temporale, appunto) e lascia vuoti gli spazi tra esse, che verranno riempiti
con altre scene improvvisate durante la partita. Il risultato non è molto diverso
da un diagramma di flusso, anzi, forse questa modalità è ancora più “sui
binari”, visto che con il diagramma, a sbattersi, il master può inventarsi più
storie possibili, mentre qua no. Forse questa modalità è quella che richiede
meno preparazione: è sufficiente, infatti, prepararsi tali scene (e magari
avere sottomano un po’ di tabelle e mostri pronti all’uso). Ma è anche quella
meno soddisfacente, secondo me.
Certo, contaminazioni sono senza dubbio possibili, e forse
auspicabili, tra le modalità di gioco finora esposte. Rimane però il problema
della grande preparazione richiesta al master; che in teoria sarebbe anch’essa
un divertimento (come costruirsi il mazzo di Magic) se solo il regolamento di
D&D fosse scritto decentemente! Per mia esperienza creare un’avventura per
D&D, attualmente, è come cercare di fare una costruzione coi Lego avendo a
disposizione pezzi che non si incastrano, che non ci acchiappano l’uno con
l’altro e sparpagliati disordinatamente per tutta la stanza. Perciò i master di
tutti i tempi han sempre cercato di mettere ordine e di limare le regole in
modo da renderle più performanti. Spesso arrivando alla conclusione che è
meglio ripartire completamente da capo e scrivere un proprio regolamento.
Anch’io ci ho provato, ovviamente, realizzando opere di cui
sono anche fiero, ma non soddisfatto. Perché la domanda fondamentale che uno
non si pone finché non prova i New Wave è: “cosa dovrà fare questo gioco?”. Insomma,
con i gdr tradizionali si è sempre giocato in due soli modi (anzi, con D&D
si è sempre giocato in due soli modi; con quelli che una volta venivano
chiamati gdr narrativi, come Vampiri,
ad esempio, si giocava unicamente a eventi), e così uno manco se lo chiedeva
qual’era la finalità di uno specifico gioco.
La finalità di D&D è, palesemente, accrescere la potenza
del proprio personaggio attraverso una serie di battaglie e imprese. È
evidente. A cosa servono le regole di D&D, se non a questo? E se si gioca
con una finalità diversa da questa, a cosa servono tutte quelle regole sul
combattimento, se non a intralciarti? La “storia”, poi, è una bella
impalcatura, che ci deve essere (a meno di non voler giocare a una versione
senza tabellone di Heroquest, com’era il primo D&D degli anni 70), ma
rimane solo e unicamente un’impalcatura, una cornice. Nei manuali della 4a
edizione, questo viene apertamente detto. Peccato solo che le regole della
quarta edizione lo abbiano reso talmente simile a un videogioco da impedire
qualsiasi sospensione dell’incredulità, qualsiasi possibilità di
immedesimazione nel personaggio.
La mia edizione preferita è Pathfinder. Non è performante
come vorrei, ma personalmente non riuscirei mai a realizzare qualcosa di
altrettanto complesso e accattivante. E visto che anche solo driftarlo sarebbe un lavoraccio (ho
provato a fare anche quello), sono arrivato alla conclusione che la cosa
migliore sia schematizzarlo. Ordinare
i mattoncini del Lego. Magari fare qualche limatura così insignificante da non
doverla neppure spiegare ai giocatori.
In futuro posterò i miei “mattoncini”, su cui sto lavorando,
e che spero che possano aiutare anche altri a ritrovare il gusto nel creare
avventure. Per il momento mi limito a fare alcune considerazioni che ritengo
importanti e ad enunciare il procedimento con cui, idealmente, creerei
un’avventura da zero.
D&D –
Considerazioni preliminari:
- Ogni giocatore deve essere responsabile del proprio personaggio. Il master non può dover essere costretto a sapere come funzionano le tue capacità, i tuoi talenti e i tuoi incantesimi, devi saperlo tu! Se questo requisito non è soddisfatto, meglio giocare a un retroclone, non alla 3a edizione.
- Quattro personaggi è il numero perfetto. Tanti più giocatori sono seduti al tavolo, tanto più la partita andrà a rilento e sarà noiosa. Fidati.
- Che sia ben chiaro a tutti a cosa si sta giocando: esplorazione, sandbox, rail-blazing? Devo cercare gli agganci narrativi per la scena successiva? Devo aver paura di trovarmi di fronte a un pericolo che al mio livello non posso affrontare? Che peso ha il fatto che io faccia le “domande giuste” durante la produzione della fiction? Ritengo sia importante chiarire questo punto, prima di cominciare.
- In che genere di mondo si muovono i PG? Due parole sull’ambientazione, sulla diffusione della magia, sui grandi tesori e sulla scalata al potere supereroico aiutano a creare un immaginario condiviso di miglior qualità.
D&D – Creare
un’avventura da zero:
- butta giù le premesse (punti 3 e 4 dell’elenco precedente);
- scrivi il rail-blazing, le quest, gli elementi della caccia al tesoro, quel che è il nocciolo della tua avventura;
- abbozza mappe e incontri principali, genericamente. Per far questo consulta il Manuale di Gioco1 a pagg. 426-427 e tieni d’occhio la tab. 12-2 mentre estrai dai bestiari gli avversari più idonei e appetibili per i PG. Una lista di PNG da utilizzare come nemici, se ti servisse, si trova nel Manuale del Dungeon Master 3.0, alle pagg. 49/57;
- definisci le mappe e gli incontri nello specifico, aggiungi trappole e porte chiuse (indispensabili per caratterizzare il ruolo del ladro);
- somma tutti i tesori e gli xp derivanti da ogni incontro, ridistribuiscili nell’avventura in modo da premiare non solo le vittorie in battaglia, ma anche il completamento delle quest, le gesta eroiche (in senso ampio) e la scoperta di eventuali segreti (informazioni importanti, tesori nascosti).
Per un approfondimento su trappole, porte e distribuzione
dei tesori vi rimando a post successivi.
D&D – Elementi che
rendono un’avventura interessante (dal Manuale del DM 3.0, pagg. 99-100,
Manuale del DM 4, cap. 4-5, e dalla mia esperienza): scelte difficili, colpi di
scena, incontri di combattimento diversificati (attacco, difesa, ecc), incontri che sfruttano le capacità dei PG, sfide di
abilità (trappole diaboliche, inseguimenti, ecc), enigmi, interpretazione, teatralità,
investigazione, nemici ricorrenti, risse in taverna, birra.
(1) I
riferimenti alle pagine sono relativi alla seconda edizione (ottobre 2010)
pubblicata dalla Wyrd.
ti ringrazio per i complimenti che fanno sempre piacere. Sono d'accordo con le tue conclusioni. sia pathfinder, sia la 4ed non funzionano bene con il gioco sandbox perchè nascono per funzionare con l'adventure path come impostazione. si possono modificare per giocarli sandbox ma è un lavoraccio dal punto di vista tecnico e non so quanto possa valerne la pena. io stesso non faccio un sandbox puro ma mischio alcune tecniche "indie" tipo i fronti di Dungeon world con tecniche "old school". Visto che utilizzi pathfinder secondo me l'impostazione a diagramma è quello più adatto. al massimo potresti inserire alcune tecniche sandbox ma saranno comunque di contorno...
RispondiEliminaHey, ma allora c'è qualcuno che legge questo blog! Grazie a te per il commento. :)
RispondiEliminaHo appena scoperto questo blog! Molti spunti e riflessioni interessanti in questo articolo, mi hai (quasi) convinto a scrivere la "mini guida al sandbox" cui penso da un po' di tempo :D
RispondiEliminaPerò! A questo punto manca che commenti Mauro Longo e poi ho fatto l'amplein! Grazie del commento e... aspetto la tua guida ;)
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