Stavo pensando alle storie che
raccontiamo tramite i giochi di ruolo; precisamente al modo che abbiamo di
raccontarle. Credo che ogni gruppo abbia il suo modo peculiare di giocare e
raccontare; per questo motivo se un completo neofita vi chiedesse cos’è un
gioco di ruolo, scommetto che ciascuno di voi darebbe una definizione
differente.
Ieri sera questa domanda mi è
stata fatta da un’amica, che però aveva già assistito a una partita in passato
(di persone che non conosco). In verità la sua è stata una domanda abbastanza
inusuale, perché accompagnata dalla seguente considerazione: “Non capisco come
faccia a essere così famoso [riferito a D&D] e perché venga chiamato
‘gioco’. A me sembra più una fiaba interattiva”. Ci tengo a precisare che non
l’ha detto con scherno, ma proprio nel significato letterale delle sue parole:
come è possibile che una cosa tanto semplice come una favola interattiva, che
qualsiasi nonna è in grado di raccontare, abbia riscosso tanto successo al
punto da essere commercializzata come ‘gioco’?
Da quel che ho capito, la partita
a cui la mia amica ha assistito era gestita da un master molto “narratore”, di
quelli con cui ti augureresti di giocare a Il Richiamo di Cthulhu. Un
rail-roader da paura, se mi passate il bonario sarcasmo. Tuttavia anche
un’esperienza ludica di quel tipo, che personalmente non apprezzo in maniera
particolare (forse anche perché non ho mai incontrato 'sti master narratori con
gli stracazzi), rientra nel ‘giocare di ruolo’, e potrebbe risultare appagante,
dopotutto. Senza poi addentrarci nella disamina di uno stile di gioco (quello
appena descritto) ad alto rischio di disfunzionalità, vogliamo semplicemente
parlare della differenza tra uno stile hack’n slash e uno narrativo/new wave?
Come spiegare a un neofita, in poche parole, che ci sono diversi modi di
giocare di ruolo? Io le ho risposto esattamente così: che ci sono tanti modi di
giocare, ma che la definizione ‘favola interattiva’ è tra quelle calzanti per
descrivere l’esperienza.
Addirittura un altro mio amico le
ha risposto che giocare di ruolo è fondamentalmente un sistema per poter
sparare cazzate insieme; più o meno esilaranti a seconda delle persone sedute
al tavolo. Definizione, questa, che i puristi etichetterebbero negativamente
come Zichi Play, ma che, per mia esperienza, non solo rientra anch’essa nell’universo
del giocare di ruolo, ma può essere anch’essa molto divertente (e parlo per
esperienza).
Questo dialogo avuto ieri sera (piuttosto
breve, in verità), mi porta oggi a fare due riflessioni.
La prima ruota appunto attorno
alla definizione di ‘favola interattiva’, che se non ricordo male andava
abbastanza di moda negli anni 90, ma che poi, essendo rimasta associata al
narrativismo/rail-roading dei giochi della White Wolf, è stata abbandonata. La
mia amica, raccontandomi della partita a cui aveva assistito, è riuscita a
trasmettermi una suggestione alquanto positiva. Mi ha raccontato di
un’atmosfera orrorifica e carica di tensione, di corvi che in realtà erano
persone morte, di una lingua arcana e sconosciuta perfettamente credibile, di
mani scheletriche ritrovate sul fondo di un pozzo. Mi ha fatto venir voglia di
cercare un master narratore con gli stracazzi e provare quel genere di
esperienza.
Scartabellando nel mio hard disk,
oggi, mi è capitata tra le mani una mini-avventura per D&D proprio di quel
tipo (rail-roading schietto potenzialmente carico di patos). Si intitola “Il
Tempo del Ritorno”; non so chi ne sia l’autore. Ci sono anche i corvi, nella
trama!! Magari ne farò una conversione per Pathfinder, prossimamente
(mettiamolo in lista, tra i mille progetti che ho in mente di realizzare). E lo
infilerò nella categoria ‘favola
interattiva’, che si aggiunge, assieme al gioco di tipo investigativo di cui ho parlato nel post precedente,
ai 100 modi di preparare un’avventura,
di cui parlavo l’anno scorso.
La seconda riflessione riguarda sempre
i diversi stili di gioco, ma stavolta non nel senso di “preparazione a monte”,
quanto proprio di “stile & approccio”. Sto parlando, in pratica, di quanto
descritto nel sottocapitolo Dungeon
Master, alle pagine 12 e 13 del Manuale
del Dungeon Master di D&D, quarta edizione. Riguardando quel
capitoletto mi sono chiesto qual è lo stile con cui io masterizzo. Vediamo un po’:
- Crudo vs Cinematografico = se per crudo si intende ‘realistico’, direi che ho uno stile cinematografico, con descrizioni gore alla Kill Bill e salti mortali in stile ‘film di Hong Kong’
- Fantasy medievale vs Anacronistico = anacronistico, sicuramente (anche perché non sono così ferrato di cultura medievale); senza finire negli eccessi di film come “Hansel & Gretel cacciatori di streghe”, però!
- Ridicolo vs Serio = ridicolo, mio malgrado; tuttavia non credo che questo possa essere definito uno “stile del DM”, quanto piuttosto uno “stile del gruppo di gioco”; quando gioco col mio gruppo nerd, infatti, sono meno ridicolo che quando gioco col gruppo dei non nerd
- Spensierato vs Teso = dipende, ma i momenti di tensione, quando i PG rischiano la pellaccia, ci sono eccome!
- Audace vs Prudente = non capisco bene cosa si intenda, ma raramente ho paura di infilarmi in situazioni problematiche (a rischio Total Party Kill, per intenderci) quando masterizzo
- Pianificato vs Improvvisato = dipende da a cosa sto giocando, ovviamente: sono in grado di spaziare senza problema tra i due stili
- Generico vs Tematico = a me piacerebbe fare campagne tematiche, ma al di fuori di piccole avventure circoscritte, finisco sempre per spaziare tra i generi
- Moralmente ambiguo vs Eroico = c’è un solo giocatore, nel mio gruppo B, a cui piacerebbe giocare in stile eroico; con tutti gli altri sarebbe una causa persa anche solo provarci!
Le avventure singole autoconclusive, alla fine delle quali, cioè,
abbandoni i personaggi, secondo me rendono bene solo con i giochi new wave. Trovo
che un’avventura di questo tipo abbia senso unicamente se storia e personaggi
sono strettamente legati tra loro; al contrario una storia che può essere
vissuta da un qualsiasi gruppo di
avventurieri, bhe, che senso ha se poi, alla partita successiva, dovrai
cambiare personaggio? So che esistono diversi moduli-avventura tradizionali, principalmente
studiati per i tornei, in cui si usano personaggi pregenerati i cui background
personali sono vagamente collegati alla trama che si andrà a giocare, ma mi
sembra di aver capito che lì lo scopo, più che narrare una storia, sia quello
di raggiungere un certo numero di
traguardi. Mai provati. Però, ora che ci penso, può essere anche quello un
modo di giocare di ruolo… Ok, lo aggiungo alla lista!
Le campagne sono quelle preferite dalla maggior parte dei giocatori,
credo. Si svolgono in un mondo ben definito, o quantomeno in una parte di
mondo, che tipicamente viene svelato a poco a poco. Generalmente necessitano di
una bella preparazione, da parte del GM! Per fortuna che esistono le campagne
pronte all’uso, in commercio.
Le avventure singole concatenate sono le mie preferite, lo ammetto.
Sia perché ti permettono di interrompere quando vuoi e riprendere in seguito
senza grossi problemi, sia perché ti permettono di spaziare tra i generi quando
ti sei rotto le scatole della solita minestra, sia perché ti permettono di far
entrare e/o uscire personaggi senza doverti inventare qualche artificio
narrativo che risulta regolarmente artefatto. Volendo non necessitano neppure
di un’ambientazione particolare (anche se io sono un fan della mappe da riempire, alla Trollbabe). Ah, e poi hanno anche il vantaggio che puoi coinvolgere
i giocatori nella scelta della trama, offrendo loro delle sinossi, come ho
fatto io l’anno scorso col mio gruppo B.
Bene, che altro dire? Il mio
momento di evasione, scrivendo questo articolo, l’ho avuto anche oggi… Ci
sentiamo alla prossima!
EDIT: prosegue qui.
EDIT: prosegue qui.
Molto bello questo post, mi è piaciuto molto!
RispondiEliminaTi ringrazio, mi fa piacere :)
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