lunedì 10 febbraio 2020

Strange Magic, la regola zero e il fare roleplay

Ho un vizio peculiare: scrivo articoli e poi li lascio nel cassetto! Questo qui risale a tre mesi fa; lo pubblico ora.

Ancora una volta sono qui a parlare di game design.

Stiamo giocando a Strange Magic in questo momento, io nel ruolo del dungeon master. Per la precisione stiamo esplorando il dungeon contenuto nel manuale(tto) base, e cioè "L'Antica Accademia". Ci stamo divertendo! Non solo io, che da tempo esprimo il mio apprezzamento per la Old School, ma anche un paio dei miei amici che storicamente adorano complicati sistemi pieni zeppi di numeri. E, oltre tutto, questo gdr mi sta portando a fare delle riflessioni circa il come mi piace giocare di ruolo.

Cominciamo con lo spendere due parole (ma proprio due) su Strange Magic. Si tratta di un gioco Old School, come ho detto, ma non è un retroclone. Si presenta in manualetti formato A4, comodissimi da consultare al tavolo da gioco, con una grafica vintage, ma pulita. Me lo hanno venduto come gdr per esperti, adatto a improvvisare partite di una sera, senza bisogno di troppa preparazione. E infatti il manuale base è davvero minimale nelle spiegazioni del regolamento, tanto che, per chi non ha già una certa esperienza con D&D, potrebbe risultare addirittura incomprensibile. Anzi, a essere onesto, in certi passaggi risulta criptico anche per un giocatore navigato come me (ho dovuto rileggere il capitolo della magia tre o quattro volte per capire bene come funziona). A parte ciò, il sistema è semplice e, in alcuni punti, geniale: trovo che centri appieno l'obiettivo che si prefigge. Mi ricorda molto Darkest Dungeon, per diversi aspetti tra cui sicuramente la fatica mentale (che secondo me è stata proprio presa da lì). Bello! L'unica meccanica che non mi convince tanto, forse, è quella delle Azioni Difficili; ma ora non voglio dilungarmi sulla spiegazione del regolamento. Desidero invece esporre ciò che mi ha colpito di questo gdr.

Cominciamo da un aspetto banale, di cui ho già accennato sopra: le dimensioni dei manuli. Per me che sono un disorganizzato (credo che l'organizzazione sia una delle qualità del dungeon master di cui più difetto), poter maneggiare un'avventura delle dimensioni di un quadernetto, invece che di un quadernone, è di grandissimo aiuto, perché posso tenerla in mano, arrotolarla, infilarmela nel naso ed evitare di ricorrere al master screen.

La seconda cosa che mi ha colpito è il minimalismo con cui è stata scritta l'avventura. Stiamo parlando davvero di un canovaccio che il DM può leggersi al volo durante la partita! Ed è stata una rivelazione per me.
Mi è capitato spesso di arrivare alla serata di gioco senza aver avuto tempo di rileggere l'avventura e senza ricordarmela affatto. Ecco, questo sistema risolve brillantemente il mio problema, e non solo: mi dà la possibilità di esprimere tutta la mia creatività, improvvisando. Vi faccio qualche esempio, preso dalle tre sessioni che abbiamo giocato finora:
quando i PG sono arrivati di fronte alla stanza allagata con gli zombi, ho descritto loro la porta come ammuffita e umida; la porta dell'armeria, invece, era di pesante metallo; quelle del laboratorio alchemico e dello studio del mago avevano rune magiche incise su di esse; la stanza con la statua della divinità raniforme è divenuta un vecchio tempio; i banditi stavano facendo baldoria e giocando al lancio dei coltelli da ubriachi quando i nostri sono arrivati. Insomma, ho improvvisato tutti i dettagli al volo, basandomi sulle poche righe di descrizione della stanza, lette sul momento durante la sessione.
Ma non solo: poiché non correvo il rischio di contraddire i tanti dettagli che normalmente sono presenti in una normale avventura, ho potuto anche inventarne di nuovi, che sono risultati assolutamente coerenti con lo scenario e lo hanno arricchito. Ad esempio i cultisti della stanza segreta dietro la tomba sono diventati adoratori del dio-rana; dalla pozza nella stanza allagata, quando i nostri si sono accampati presso di essa, sono usciti altri zombi; e gli strumenti animati che scavano la nuova ala del dungeon hanno incrociato un filone aurifero.
Certo, mi rendo conto che tutto questo è un vantaggio solo per chi, come me, ama improvvisare. Ad ogni modo mi sono sentito molto rilassato e mi sono divertito parecchio a masterizzare in questo modo. E ho ricevuto feedback positivi dai giocatori.

Stesso discorso per quanto riguarda il minimalismo del regolamento: anch'esso mi ha permesso di spaziare senza bisogno di "barare". Quanto a questo, mi riferisco soprattutto alla meccanica della fatica mentale e alla mossa di combattimento che viene chiamata "acrobazia". Quest'ultima, in pratica, ti permette di tentare una manovra di combattimento con un semplice Tiro per Colpire: se il tiro entra, l'avversario può scegliere se subire la manovra o incassare il normale danno. Ebbene, questa mossa è stata essenziale ai PG per salvarsi la ghirba in un paio di occasioni disperate, come ad esempio quando il nano, accerchiato dai banditi, ne ha decapitato tre in un sol colpo con la sua ascia bipenne: io ho dovuto solo assecondare la mossa acrobatica, perché a mio insindacabile giudizio (avendo lui tirato un 19) in quella occasione era plausibile.

Quanto alla meccanica della fatica mentale, è stata una rivelazione. In un sistema come quello di Strange Magic, in cui ogni scontro è potenzialmente mortale (i PG hanno già rischiato di lasciarci la pelle contro i goblin, gli scheletri e i banditi), ma che permette di recuperare Punti Destino velocemente (i Punti Destino sarebbero i punti ferita), la fatica mentale è a tutti gli effetti una seconda barra delle risorse consumabile (se capite cosa intendo).
Infatti i nostri eroi, finora, sono sempre riusciti a superare vittoriosi gli scontri, ma il fatto di aver rischiato più volte la vita ha messo a dura prova la loro risolutezza (due eroi su quattro hanno già sviluppato dei tratti negativi), perciò, anche se dispongono dei Punti Destino per poter affrontare gli scontri successivi, non si può dire che siano usciti indenni da quelli precedenti.
L'assegnazione dei punti di fatica mentale è a discrezione del master, che anche in questo frangente ha la possibilità di dare il "ritmo" che preferisce alla progressione dell'avventura. Io personalmente ho seguito abbastanza fedelmente i suggerimenti del manuale, calcando solo la mano quando gli incantatori hanno dovuto (per salvarsi la pelle) dare fondo alle proprie energie magiche, ricorrendo agli incantesimi anche quando non ne avevano più nessuno memorizzato.

In questa atmosfera di gioco ti viene poi anche voglia di trascendere i canonici binari a cui mentalmente i giocatori di ruolo di vecchia data sono ancorati, come ad esempio quando trovi una pozione e pensi che le uniche due alternative siano berla o non berla completamente (o al limite assaggiarne una goccia per cercare di capirne le proprietà). Nello specifico, per spiegarvi, lo stregone del gruppo, diventato pavido dopo aver accumulato dieci punti di fatica mentale, ha bevuto solo un cucchiaino della pozione che trasforma in bugbear e... "Il liquido ti brucia nello stomaco come fuoco infernale! Senti un'energia primordiale rabbiosa invaderti tutto il corpo. Ti si allunga un canino inferiore; la pupilla di un occhio diviene a taglio e ti cresce una leggera peluria sul volto! Per i prossimi turni puoi ignorare il tratto pavido."

Insomma, questo è un modo di giocare che mi piace. Non sarei riuscito a metterlo in pratica con un sistema più complesso, o con una avventura troppo ricca di dettagli.

EDIT:
Ok, ridimensioniamo l'entusiasmo... Tanto per cominciare un'avventura come L'Antica Accademia, che non è molto di più che una palestra per munchkin, dopo un po' annoia. E poi improvvisare va bene, ma bisogna anche fare attenzione a non farsi prendere la mano, o i giocatori percepiranno che non sai dove stai andando a parare o (peggio ancora) che l'unico vero avversario con cui devono confrontarsi è l'onnipotente game master. I giochi di narrazione (intendo i new wave) sono strutturati in modo da scongiurare questi due pericoli; con un gdr tradizionale è meglio non spingersi oltre l'improvvisazione dei dettagli e delle sfumature. Non rinnego quello che ho scritto nell'articolo: dico solo che la regola zero va usata con intelligenza e moderazione.
Quanto all'infrangere le regole del sistema (combattimento, ecc), questo dà tanto più fastidio ai giocatori quanto essi danno al sistema grande importanza. Il mio attuale gruppo di gioco è un po' così... Non è che non si faccia roleplay (se per roleplay si intende fare teatrini con i propri personaggi): è che i numeri vengono caricati di grande importanza. Troppa importanza, a mio avviso. Sapete da cosa si vede? Non dal fatto che si parli in prima persona piuttosto che in terza, no... Piuttosto dal fatto che vengano nominati tutti i termini tecnici ("facciamo looting", "quello è un mind flyer", "ho finito gli incantesimi, facciamo un riposo lungo", "uso nome_della_capacità_speciale", ecc), che si parli più spesso tra giocatori che non tra personaggi, che si parta all'attacco o si esplori un ambiente senza una reale ragione in-game (e senza interesse a cercarla), che si ritenga superfluo dare delle motivazioni plausibili all'agire dei propri PG, che si dia massima importanza ai passaggi di livello. Certo, il sistema di D&D non aiuta in questo senso... Ma anche D&D può essere giocato in maniera più immersiva, volendo. È più impegnativo (per mia esperienza, una sessione fortemente immersiva raramente dura più di due ore) e non è facile per i più timidi, ma si può fare, se c'è interesse a farlo. Non in tutti i gruppi c'è questo interesse... e non c'è nulla di male in questo, intendiamoci! Ma a me, in questo preciso momento, non dispiacerebbe.

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