venerdì 24 giugno 2022

L'articolo omnicomprensivo di Sikander

Recentemente ho letto questo articolo. Molto interessante, a mio avviso, e molto simile a quest'altro, che già mi aveva colpito in passato. Mi piacerebbe, a questo punto, stilare la mia personale classificazione, ma soprattutto esprimere le mie preferenze circa le diverse tipologie/culture di gdr. A premessa di tutto, però, credo di dover enunciare quali sono gli elementi/fattori che mi rendono piacevole o meno una sessione (ci ho pensato un po' prima di individuarli).

CIÒ CHE MI PIACE IN UN GDR: atmosfera/intrigo, libertà di scelta, sfida.

CIÒ CHE MAL SOPPORTO: lavoro di gruppo, chiedermi cosa devo fare.

Sì, mi rendo conto che affermare che non mi piace il lavoro di squadra in una attività come il giocare di ruolo, che è basata sulla collaborazione, è un po' una bestemmia, ma preferisco essere onesto e ammettere che sono un maledetto individualista. Probabilmente è per questo che ho sempre preferito il ruolo del master, ma non esageriamo: ci sono state anche tante occasioni in cui mi sono divertito come giocatore.

Detto ciò, passiamo alle classificazioni. Dal momento che i Neo-trad sono banalmente Tradizionali, Old School e Combat Rpg "fatti meglio" (ossia con un regolamento coerente) non li considero e li accorpo ad essi. Stesso discorso per gli Adventure Game, dal momento che sono Tradizionali con un regolamento light.

GDR GAMISTI


CLASSICO/COMBAT RPG:

Penso che John B dica il vero quando afferma che questa tipologia di gioco era quella del primo D&D, quantomeno negli intenti (anche se poi la vera realizzazione di un Combat Rpg è avvenuta solo con la 3e).

COSA NON MI PIACE: il crunch eccessivo (ho dei limiti; infatti preferisco di gran lunga la 5e alla 3e).

COSA MI PIACE: la sfida del combattimento tattico.

CONSIDERAZIONI:

1) la preparazione da zero di una (buona) avventura richiede molto/troppo tempo… speso a creare png e a bilanciare gli incontri;

2) se un tale regolamento viene utilizzato per una qualsivoglia forma di narrazione: A) la storia perde di importanza, B) si tratterà quasi sicuramente di una storia “sui binari” (data la difficoltà nell’improvvisare incontri interessanti e bilanciati), C) non si potranno proporre delle vere “sfide” ai giocatori, perché se i PG muoiono la storia è finita;

3) qualsiasi dungeon già pronto che sia un po’ interessante ed esaustivo è facilmente un manualone di non immediata lettura/consultazione, che ti devi studiare (con tutti i suoi bei numerilli) prima della partita e non al tavolo da gioco.

CONCLUSIONI: sì, ma solo per arene e dungeon (quando il master ha tempo di studiarseli).

OLD SCHOOL:

Anche qui, sposo le affermazioni di John B quando dice che i gdr OSR sono un revival romantico (un po’ come la letteratura cavalleresca). Non metto in dubbio che negli anni 70/80 si giocasse anche così, ma non certo intenzionalmente: penso che fosse un modo per tentare di superare sfide altrimenti impossibili.

COSA MI PIACE: l’esplorazione, il pericolo, l’elemento aleatorio.

COSA NON MI PIACE: dovermi inventare strategie assurde per superare una sfida, la lacunosità dei regolamenti (che se da un lato è necessaria per renderli leggeri, dall'altra costringe il master a decisioni un po’ troppo arbitrarie).

CONCLUSIONI: sì, ma non con qualsiasi regolamento e non a livello di difficoltà hard core, con sfide senza via di fuga.

GDR NARRATIVISTI


STORY GAME (NEW WAVE):

Negli Story Game si gioca a improvvisazione, ma con particolari regole di narrazione e specifiche linee guida su come improvvisare.

COSA MI PIACE: non sapere come evolverà la storia.

COSA NON MI PIACE: la difficoltà (per il master, se c’è un master, o per tutti se è masterless) nel seguire le linee guida.

CONSIDERAZIONI: Secondo me pochi riescono a giocarci come è scritto nei manuali, la maggior parte storpia (consapevolmente o meno) i regolamenti verso uno stile più o meno tradizionale.

CONCLUSIONI: alcuni sì, la maggior parte no, a seconda di quanto la bilancia tra difficoltosi e intriganti pende più da una parte che dall'altra.

TRADIZIONALE:

Nei gdr tradizionali si narra una storia, magari anche mettendo al centro gli OC (in fase di discussione pre-partita i giocatori possono inserire anche 1000 flag, non è quello il punto), ma comunque senza dover seguire delle regole di narrazione particolari. Li suddivido in quattro categorie, in base al livello di preparazione a monte da parte del master:

- RIGIDO: RAIL-ROADING

Storia già scritta, avventura sui binari dove l’unico compito dei giocatori è sbloccare il checkpoint successivo.

COSA NON MI PIACE: tutto.

COSA MI PIACE: niente.

CONSIDERAZIONI: più il regolamento è complesso (e spesso lo è), più mi sembra una presa per il culo.

CONCLUSIONI: decisamente no, anche se alle volte me la racconto.

- MEDIO: DIAGRAMMA DI FLUSSO

Una struttura tipo librogame, con scelte e diverse possibili risoluzioni degli eventi.

COSA MI PIACE: poter scegliere.

COSA NON MI PIACE: che quando ti si presenterà la prima scelta starai probabilmente già dormendo.

CONSIDERAZIONI: se è ampio è un lavoro sprecato (infatti non l'ho mai visto), se è minimale è un modo per rendere meno noioso il rail-roading... ammesso che i giocatori si rendano conto che ci sono delle vere scelte da poter fare!

CONCLUSIONI: puro è poco funzionale, misto (non al rail-roading, ma al prossimo che vi presento) è ok, anche perché “non di soli BANG vive il master” e alcune scelte sulla strada dei giocatori saranno per forza dicotomiche.

- MORBIDO: CANOVACCIO/SITUAZIONE DA RISOLVERE

http://lafaretra.blogspot.com/2015/08/moduli-avventura-canovaccio-vs-dettagli.html

MI PIACE: siiiii!!!

COSA NON MI PIACE: -

CONSIDERAZIONI: il mio stile preferito, ma non proprio facile da padroneggiare, anche per chi, come me, lo predilige e ha esperienza con gli Story Game. Le difficoltà:

1) scrivere un BUON canovaccio (raramente ne troverete in rete) è FONDAMENTALE (per intenderci, i classici generatori di avventura di Savage World non bastano);

2) il master deve avere la capacità di improvvisare BENE, quindi padroneggiare il framing (impostare e chiudere le scene) e avere fantasia;

3) serve un regolamento non complesso che il master ha sulla punta delle dita.

CONCLUSIONI: sì sì sì, ma consiglio di non usarlo "puro", bensì di inserire elementi da altri stili: mappe e tabelle dall'OSR (ed enigmi, se vi piace), stratagemmi e regole di narrazione preferite dagli Story Game (ad esempio io uso sempre “dì di sì o tira i dadi”, anche se non sono mai riuscito a finir di leggere Cani nella Vigna), scelte e previsioni di possibili linee d’azione dei pg dai Tradizionali più puri. Dico tutto questo perché, senza un po’ di preparazione, il rischio di scadere nella prossima tipologia è grande.

- SCIOLTO: FAI QUELLO CHE VUOI

Ovvero il master non si è preparato nulla, ma va a sentimento.

MI PIACEVA: quando non sapevo giocare.

NON MI PIACE PIU’: dalla prima volta che ho fatto una riflessione lucida su partite di questo tipo.

CONSIDERAZIONI: la sensazione di smarrimento, sia per il master sia per i giocatori, è quasi certa. La sensazione di essere in balia di una divinità capricciosa, per i giocatori, anche. A mio avviso questa è una modalità di gioco pessima che non può altro che produrre partite fallimentari. L'ho visto giocare una volta, freeform, tipo gioco dei bambini e… può piacere giusto a dei bimbiminka!

GDR SIMULAZIONISTI


NORDIC LARP:

L'interpretazione, croce e delizia dei roleplayer! Idealmente se stiamo raccontando una storia tutti assieme, tutti dovremmo contribuire a creare l'atmosfera. Ma in che modo, esattamente? Semplice: i giocatori contribuiscono calandosi nella parte. Tanto più ne escono, fanno digressioni, parlano di numeri, citano il regolamento, usano termini tecnici (nomi delle mosse e degli incantesimi) invece che descrivere quello che fanno, banchettano al tavolo da gioco, tanto più si percepisce che è tutto finto. Vorrei specificare che giocare il proprio personaggio in maniera coerente (cioè rispettare il proprio allineamento) non equivale a calarsi nella parte. E un altro fraintendimento comune sul “fare roleplay” è la convinzione che bisogna produrre chissà quale performance teatrale: stai “dentro” e sarà sufficiente. Scriviti qualche frase ricorrente del tuo pg, se ti aiuta. Se tutti, attorno a te, lo fanno, facilmente lo farai anche tu (viceversa, potrebbe andare tutto a puttane).

Il punto è che… potresti scoprire che ti vergogni, provare sensazioni inaspettate (piacevoli o spiacevoli), stancarti, scoprire che odi il tuo personaggio. Personalmente io trovo stancante una sessione immersiva che duri più di due ore, e ho messo una croce sopra a diverse tipologie di personaggi che, sulla carta, mi sembravano fighi da interpretare.

Un suggerimento? Provate, per cominciare, a giocare un’avventura farsesca. Sì, avete capito bene. Giocate, che ne so, a Brancalonia. Fare roleplay non significa “essere seri”. Giocare immersivamente a Cthulhu o a qualunque dei tanti dark fantasy in circolazione non è una buona iniziazione.

Detto ciò… ammetto di non aver mai provato un LARP né un gdr espressamente simulazionista, quindi:

MI PIACEREBBE: provare un gdr di questo tipo, sia carta-e-penna sia dal vivo.

TEMO CHE: lo troverei impegnativo.

CONSIDERAZIONI: senza scherzare, io credo che una sessione ben riuscita necessiti di un esperto di psicologia per un debriefing.

CONCLUSIONI: fare roleplay è parte del divertimento in un gdr, ma un gdr finalizzato a questo è più come un laboratorio teatrale o di psicologia, è una esperienza che va oltre la serata di gioco tra amici, a mio avviso. Comunque mi piacerebbe provare.

martedì 1 febbraio 2022

Compagni di gioco

Ho visto i primi 10 minuti di The Legend of Vox Machina, l'altro giorno; non sono riuscito a reggere di più. Sarò vecchio, ma certe premesse mi hanno proprio stufato! Il web è pieno zeppo di parodie di D&D, o meglio di riproduzioni della "parte più caricaturale" di una partita "media" al più famoso gdr del mondo e... non mi fanno più ridere. Anche perché non ho più voglia di giocare in quella modalità farsesca che è la modalità più comune con cui si gioca a D&D. E non ho più voglia di considerare come normali componenti di una storia l'anacronismo culturale, le quest, le sottoquest, gli avventurieri professionisti. In questo momento ho voglia di giocare storie che non assomiglino alla rappresentazione teatrale dilettantistica di un wargame (questo per spiegare la citazione del post precedente, estrapolata da una chat su un server discord a cui sono iscritto).

Negli ultimi due/tre anni ho giocato di ruolo soprattutto in play-by-chat asincrono. Ho scoperto che mi dà molte soddisfazioni, oltre ad essere compatibile con la mia attuale vita familiare. Ho avuto così occasione di giocare con molte persone diverse e... ho "toccato con mano" che ci sono giocatori con mi trovo meglio e altri con cui mi trovo peggio, a prescindere dal gioco a cui stiamo giocando. Che scoperta, direte voi! È naturale che ci siano persone con cui andiamo più d'accordo di altre, vero? Sì e no, vi replico io.
È una cosa differente dal "andare d'accordo". Io posso essere molto amico di Franco, ma magari detesto giocare con lui, perché a lui piace scatenare risse in taverna, accettare missioni a occhi chiusi da uno sconosciuto e coinvolgere villici innocenti in scaramucce contro i mostri. E a me no.
È come scrivere un racconto staffetta (cioè un racconto a più mani dove ci si alterna l'un l'altro): se lo fai con altri scrittori che hanno uno stile simile al tuo e "te la reggono", allora è divertente; se, invece, lo fai con scrittori con uno stile completamente differente dal tuo, che lasciano cadere o stravolgono le tue linee narrative per tirare acqua al proprio mulino, che vanno fuori tema, allora è solo una rottura di scatole!

Un'opinione su D&D

"A conti fatti, però, D&D è il sistema che puntualmente devia da quello che è un gioco di ruolo, spacciandosi per esso ma mascherando un wargame. Ci sono master e giocatori che, senza influenze esterne e leggendo solo il manuale, recepiscono praticamente solo la parte meccanica e non ruolistica."


"Perfettamente d'accordo su questo. Aggiungo, però, che per mia esperienza la maggior parte dei giocatori non cerca tanto l'interpretazione quanto una serata spensierata a base di cazzeggio. Giocare interpretativo è impegnativo e spesso richiede di mettersi in gioco: non a tutti piace."